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  -  Spunti maestri   -  Fotografia   -  Chema Madoz: la fotografia surrealista in bianco e nero

Jose Maria Rodriguez Madoz (nato nel 1958), più conosciuto come Chema Madoz, un fotografo spagnolo, noto per le sue fotografie surrealiste in bianco e nero, che danno vita a elementi di sorpresa fondendo due oggetti, estranei tra loro ma che condividono almeno una caratteristica visiva.

Il risultato è un’inusuale illusione ottica.

Perché parlare ancora di Surrealismo oggi? Perché come risponderebbero i surrealisti militanti “il Surrealismo non può finire perché non è mai cominciato”. Gli artisti andavano alla ricerca del meraviglioso nelle logiche anticonformiste, nella ricerca filosofica e letteraria e poi psicanalitica. Come accade ancora oggi nelle varie espressioni artistiche.

Come scrive Arturo Schwarz, il Surrealismo “agisce in modo più sotterraneo – se pensiamo all’attuale diffusione internazionale dei gruppi surrealisti e all’abbondanza delle loro pubblicazioni.” Dunque il Surrealismo è morto come movimento forse, certamente non come stato d’animo. Già, nel 1930, ai necrofori impazienti (che ritroveremo puntuali ogni anno all’appuntamento, anche dopo il 1945) Breton replicava che l’attività surrealista ‘non corre alcun serio rischio d’aver termine, fin quando l’uomo sarà in grado di distinguere un animale da una fiamma e da una pietra’.” Scrive ancora Schwarz nel suo libro “Il Surrealismo ieri e oggi”.

Per questo oggi vogliamo raccontare la storia di Jose Maria Rodriguez Madoz (nato nel 1958), più conosciuto come Chema Madoz, un fotografo spagnolo, noto per le sue fotografie surrealiste in bianco e nero. Le sue opere possono essere di grande ispirazione per i designer che si occupano di interni come studi e uffici, in cui si vuole dare un tocco di astrattezza, di indeterminatezza e di grande fascino.

Chema Madoz ha studiato Storia dell’Arte all’Universidad Complutense di Madrid tra il 1980 e il 1983. Qui si è immerso completamente per la prima volta nello studio della fotografia e delle immagini. I suoi scatti sono paradossali, alla stregua dell’indecifrabilità. La contiguità visiva tra forma e contenuto viene ricreata tramite un’impalpabile associazione di oggetti apparentemente in contrasto tra loro.

Ha abbandonato un lavoro sicuro in banca, che non lo soddisfaceva, per dedicarsi a costruire metafore artistiche. Le sue immagini si ispirano al surrealismo e alla poesia visiva, e riflettono un universo magico dove gli oggetti non sono mai quello che sembrano essere. Chema Madoz riesce a catturare gli elementi della quotidianità ridando loro nuovi significati ed esplorando nuove possibilità. Idea che ricorda quella di Alessandro Mendini, di cui abbiamo parlato in un altro articolo.

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Gli oggetti fotografati sembrano essere ripresi in un continuo divenire. Come afferma lui stesso “Gli oggetti hanno lo stesso carattere delle parole, si contaminano l’un l’altro generando significati sempre nuovi”. “Una dimensione alternativa in cui l’’uomo non trova spazio se non per tramutarsi anche esso in elemento”. 

Ogni oggetto nasconde molteplici volti, mai uguali, e Chema Madoz si trasforma così in scultore: un cucchiaio che diventa forchetta, una mela che racchiude una foglia, gocce che sembrano pezzi di puzzle. Gli oggetti sono plastici, si rigenerano in nuova vita, in nuova idea.

Per Chema ciò che conta sono le idee o l’idea stessa concepita nell’opera. Da qui la decisione di usare solo il bianco e nero, per non distrarre l’osservatore dall’idea, e la scelta di lasciare le proprie opere prive di titoli per non contaminare il processo cognitivo dello spettatore. L’oggetto è visto, quindi, nella sua nudità, privato di ogni accessorio di contorno.

Le opere di Chema Madoz sono rappresentantive di quella dialettica tra reale e virtuale, che viene presentata sotto forma di opposizione conflittuale tra realtà e apparenza.

Questa capacità di svelare il vero volto delle cose conferisce all’attività dell’artista una dimensione cognitiva e, con essa, spiega il legame che l’estetica del XX secolo – da Heidegger ad Adorno – ha voluto vedere tra arte e verità. Ma apre anche la strada a una conseguenza correlativa che rimane spesso dimenticato è che, se la posta in gioco è la verità, praticare l’arte è allora, nonostante le apparenze, qualcosa di necessario, ma lontanamente legato all’attività dello scienziato: a suo modo sia l’artista che lo scienziato lottano per rivelare come sono esattamente le cose.

“Con la pratica dello scienziato, l’arte di Madoz condivide un altro tratto: il suo gusto quasi ossessivo per la precisione. Un’ossessione che si manifesta con la precisione millimetrica, nella simmetria delle cornici, nell’ pulito e delicato della luce. Come se volesse evocare il disordine del reale, nel mondo degli oggetti segreti di Madoz regna l’armonia.

Nel Novembre 2011, il Principe Filippo e la Principessa Letizia di Spagna, con la Forst Lady cilena Cecilia Morel, hanno inaugurato una mostra di Chema Madoz al Museo de Arte Contemporáneo (Santiago, Chile).

“Cerco di ottenere immagini che mi emozionano, che mi danno la sensazione di fare qualcosa di diverso, che non conoscevo prima. Voglio essere in grado di stare davanti alle mie immagini e poter comunicare con esse. Se una foto mi dice qualcosa, credo possa dire qualcosa anche agli altri”. Chema Madoz.

 

 

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